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Un recente lavoro di ricerca ha evidenziato nel Monferrato la presenza di insediamenti “scavati” nella terra, riconducibili a costruzioni e frequentazioni non ancora puntualmente databili ma utilizzate fino a periodi recenti, vale a dire fino alla metà del Novecento.
Nel bacino del Mediterraneo, grazie alle particolari condizioni climatiche e geo-morfologiche, l’insediamento ipogeo è largamente diffuso e documentato fin dall’antichità. In Italia numerosi riscontri si hanno soprattutto nelle regioni centro-meridionali, basti pensare ai Sassi di Matera, a Gravina in Puglia, alle abitazioni rupestri di Melfi, alle chiese ipogee di Torre del Greco, o alla Sardegna; mentre al nord, pur trattandosi di una tipologia presente in gran parte dell’arco alpino e prealpino come nel caso degli insediamenti dei monti Berici in provincia di Vicenza, raramente si registrano veri e propri complessi realizzati completamente dall’uomo e non solo forme di utilizzo di cavità esistenti, a volte chiuse verso l’esterno da muri in pietra o, più di recente, in mattoni.
Nel Comune di Camino, e più precisamente nelle proprietà della Fam. Vellano si trovano alcuni gruppi di case scavate nei declivi di depositi sabbio terrosi sedimentatisi nel Pliocene (5 – 2 milioni di anni addietro) a formare le colline a sud del Po, geologicamente appartenenti alle sabbie.
Gli ambienti isolati, o concatenati da una serie di passaggi interni, ricavati nei sabbioni a terra bianca delle colline di Camino, sono delle vere e proprie case: delle abitazioni, in cui sono riconoscibili ambienti deputati alla cottura e consumazione dei cibi: la cucina; ambienti per il riposo: la camera da letto; la sala di soggiorno, dalle caratterizzanti decorazioni parietali; i rustici con stalla, le stie per il pollame, i conigli; le cisterne per la raccolta delle acque meteoriche; i focolari esterni, ecc….
La Famiglia Vellano sta lavorando al recupero di tali documenti volumetrici che conservano il fascino assoluto di un’epoca di storica sopravvivenza identificabile probabilmente tra il Settecento e la metà del Novecento, periodo in cui vennero poi definitivamente abbandonate. Si tratta di un arco di tempo denso di difficoltà per le popolazioni piemontesi che culmina, tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento, con un accentuato aumento demografico, concomitante ad una produzione agricola insufficiente a sfamare tutta la popolazione, non ancora inurbata nelle nascenti città industriali. Tale periodo, così privo di mezzi di sussistenza, rese ambiti, come abitazioni, anche i cavi creati in origine, con molta probabilità, per altri scopi quali il ricovero degli attrezzi per la lavorazione delle vigne.
Queste grotte sono di proprietà della famiglia Vellano da generazioni e sono state abbandonate negli anni sessanta.